Displasia dell’anca nel cane: fattori genetici e ambientali

La displasia dell’anca è la patologia scheletrica più frequente nei cani di razza pura.

Già in passato è stato suggerito che, con l’intento di preservare caratteristiche considerate importanti nelle mostre, sia stato compromesso il benessere di molte razze, aumentandone la predisposizione a diverse patologie.

Per esempio, le caratteristiche morfologiche spinali del Bulldog Inglese e del Bassotto li fanno essere a rischio rispettivamente di scoliosi e prolasso del disco intervertebrale.

Nella displasia dell'anca c’è una malformazione dell’articolazione coxo-femorale che si manifesta con lassità e sublussazione dell’anca e conseguente carico anomalo sulle superfici articolari. I casi gravi di displasia dell'anca sono spesso associati ad osteoartrite con dolore e perdita di funzionalità dell’articolazione.

Per diverse decine di anni ci sono stati tentativi (programmi radiografici) per ridurre l’incidenza di queste alterazioni ed effettivamente qualche risultato positivo è stato ottenuto, ma è ancora troppo limitato, fondamentalmente a causa della scarsa importanza che gli allevatori danno alla displasia dell'anca come criterio di selezione.

Il fenotipo morfologico dell’anca di un cane è il risultato combinato degli effetti di un numero imprecisato di fattori genetici e non genetici ("ambientali") ovvero stile di vita del cucciolo nel primo anno e alimentazione.

Fattori ambientali, come rapida crescita ed alimentazione eccessiva, sono stati associati con lo sviluppo della displasia dell'anca, mentre soggetti cresciuti con dieta naturale a base di carne fresca cruda mostrano risultati della patologia significativamente inferiori, così come un'osteoartrite di minor gravità rispetto ai cani alimentati con cibo industriale (crocchette).

Le differenze morfologiche delle razze – per quanto riguarda altezza, peso, lunghezza e statura – hanno possibili influenze sul carico dell’articolazione coxo-femorale.

Appare dunque logica l’ipotesi che le differenze di conformazione dettate dagli standard di razza possano rappresentare un altro fattore che contribuisce alla predisposizione alle patologie muscolo-scheletriche come la displasia dell'anca; ed è supportata dall’osservazione che una caratteristica morfologica, l’indice di massa corporea (BMI), dei cani di diverse razze, è significativamente correlato con l’incidenza della patologia.

Da qui scaturisce la questione se l’aumento del rapporto peso/altezza possa portare ad una maggiore predisposizione di alcune razze alla displasia dell'anca.

Gli autori hanno ipotizzato che uno di questi fattori, il rapporto lunghezza/altezza del corpo (L/A), possa influenzare l’espressione della patolologia in certe razze.

La lunghezza relativa del corpo è indirettamente correlata al BMI, dal momento che un cane più lungo ha il potenziale di sopportare un maggior peso in relazione alla sua altezza rispetto ad un soggetto di razza simile ma dalla forma più quadrata.

Il ruolo della selezione per le caratteristiche morfologiche apprezzate nelle mostre e dettate dagli standard di razza non è mai stato esaminato a fondo. 

Questo studio ha messo in correlazione i risultati pubblicati della patologia dell’anca con le misurazioni del rapporto L/A del corpo ottenute dalle fotografie dei soggetti campioni di 30 razze per stabilire se i criteri di selezione possono compromettere il benessere aumentando la predisposizione alla displasia dell'anca.

I risultati sono chiari: la lunghezza relativa del corpo è in forte correlazione con gli accresciuti tassi di displasia dell'anca ottenuti dai dati di razza dell’Orthopedic Foundation for Animals (USA), della BVA (UK) e dell’Australian Veterinary Association (Australia), suggerendo decisamente che le proporzioni delle razze con corpo lungo le possano predisporre maggiormente.

Tra l’altro i dati analizzati provengono da programmi volontari, per cui sono a rischio di auto-selezione, essendo improbabile che vengano sottoposti a screening radiografico i soggetti con displasia dell'anca clinicamente manifesta.

C’è da dire che anche se i risultati dello studio indicano chiaramente l’associazione tra alto rapporto L/A e displasia, questo non può essere generalizzato a tutti i canidi; del resto una tale conformazione (si vedano i Dobermann campioni) non è comune in natura: è vero che la volpe ha un elevato L/A, ma di solito pesa meno di 10 Kg.

Relativamente ai paragoni con la morfologia dei canidi selvatici, bisogna tenere a mente una differenza fondamentale: gli animali selvatici sono il prodotto della selezione naturale nei confronti delle funzioni adattative (all’ambiente), mentre la conformazione delle attuali razze canine è stata artificialmente selezionata quasi solo in base a principi estetici.

Quando gli allevatori delle razze a corpo lungo delle origini selezionavano per questa conformazione, purtroppo non hanno tenuto nella debita considerazione anche l’anatomia necessaria per sopportare questi cambiamenti.

Nel favorire morfotipi più lunghi che alti, i giudici possono aver selezionato involontariamente attributi conformazionali che predispongono i cani alla displasia dell'anca; e questo suggerisce che le ambiguità negli standard di razza ed i fenotipi estremi di lunghezza relativa del corpo possono determinare gravi conseguenze per il benessere e debbono essere rivisti drasticamente. E questo per due ragioni fondamentali.

In primo luogo: molti standard attuali alludono al fatto che sono desiderabili soggetti più lunghi che alti (per esempio lo standard del Mastino Napoletano dice che i soggetti devono essere il 10-15% più lunghi che alti) ed i giudici delle mostre premiano prontamente l’aspetto rettangolare che è tipico di molte delle razze che oggi sono afflitte dalla displasia, come il Basset Hound ed il Dogue de Bordeaux.

In secondo luogo: in tutti e tre i continenti valutati in questo studio, l’ambiguità degli standard di razza sulle proporzioni prescritte, o la totale assenza di informazioni in questo senso, lasciano troppo spazio all’interpretazione da parte dei giudici e degli allevatori, promuovendo la selezione insistita dei morfotipi estremi.

La forte correlazione di questa variabile morfologica con la prevalenza della patologia, insieme a tutta una serie di altri disordini ereditari che accompagnano i fenotipi canini estremi, indicano che le descrizioni vaghe e le caratteristiche soggettive mettono a repentaglio la salute ed il benessere del cane.

Ricerche ulteriori dovrebbero sostenere lo sviluppo di standard di razza completi, con specifiche linee guida morfologiche orientate alla salute, per aiutare gli allevatori ad ottenere fenotipi più sostenibili ed adattativi.

In questo processo è imperativa l’umiltà, perché chi si dedica all’allevamento del cane deve abbracciare l’idea che le morfologie maladattative, che storicamente sono state considerate caratteristiche della razza ideale, devono essere abbandonate, se veramente si vuole che tra le priorità ci siano la salute ed il benessere del cane.

(Selection for breed-specific long-bodied phenotypes is associated with increased expression of canine hip dysplasia – Vet J. 2010;183(3):266-72 [abstract])