Nichelatura: chimica o galvanica?

Fra i trattamenti superficiali a cui è possibile assoggettare vari tipi di oggetti, allo scopo di modificarne le caratteristiche superficiali come durezza e resistenza agli agenti esterni, ricopre di sicuro un posto di spicco quello definito di nichelatura, che consiste, com’è evidente dal nome, nel posare sull’intera superficie da trattare uno strato sottilissimo di nichel. Questo metallo, usato inconsapevolmente (lo si confondeva infatti spesso con il rame, e il suo nome deriva da quello di un folletto tedesco, a cui dei minatori imputarono lo strano scherzo di un minerale che appariva essere di rame ma si rifiutava di darne) da più di cinquemila anni, presenta infatti l’interessante caratteristica di un lunghissimo tempo di ossidazione quando esposto all’aria a temperatura ambiente, il che lo fa ritenere resistente alla corrosione, e quindi un’ottima copertura protettiva per altri metalli.

Vi sono due metodi di nichelatura, che differiscono essenzialmente, nella procedura, dall’utilizzo o meno della corrente elettrica nella prassi di deposito del materiale. Il primo caso è quello della nichelatura cossiddetta elettrolitica, che per la natura del procedimento è eseguibile unicamente su materiali metallici. La pulizia del pezzo da ogni traccia di grasso o di corrosione è essenziale per la buona riuscita del trattamento, perciò l’oggetto da lavorare viene sottoposto a svariati lavaggi e trattamenti termici prima del procediumento di nichelatura. Una volta che la preparazione è stata completata, si immerge completamente il pezzo in un bagno di soluzione elettrolitica, e lo si pone come catodo, usando invece come anodo del nichel dissolto nel liquido in forma ionica. Come consueto nel procedimento elettrolitico, gli atomi di metallo viaggiano nella soluzione e si depositano sul pezzo, ricoprendolo completamente.

La seconda procedura è invece, come si è detto, caratterizzata dalla mancanza di elettricità nel procedimento: è infatti una procedura di natura puramente chimica. Questo conferisce essenzialmente tre vantaggi non indifferenti rispetto al metodo elettrolitico che abbiamo pocanzi descritto. Anzitutto, non ha ovviamente alcun tipo di richiesta di alimentazione, e quindi non prevede costi energetici di alcun tipo. In secondo luogo, a differenza della procedura precedente, garantisce che lo strato di nichel fatto depositare sul pezzo sia, in ogni suo punto, completamente uniforme e di identico spessore, a prescindere dalla specifica geometria dell’oggetto. E in ultimo, questa procedura non richiede che il pezzo sia un conduttore elettrico, e quindi, con l’uso del catalizzatore giusto, permette di effettuare nichelature anche su materiali non metallici come la plastica o il vetro.

Come si è detto, entrambi i tipi di nichelatura hanno lo scopo primario di proteggere il materiale sottostante da danni meccanici o corrosione, sfruttando la superiore resistenza del nichel. Tuttavia i suoi scopi non finiscono qui: la nichelatura chimica, permettendo coperture di spessore fluttuante, viene anche utilizzata per riportare a dimensioni esatte un utensile meccanico rovinato, ripristinandone le parti abrase e consumate dall’uso. Altri utilizzi si trovano nella fabbricazione dei dischi rigidi per computer, dove il nichel va a proteggere i dischi di alluminio prima che vi venga depositato lo strato magnetico, e nell’industria automobilistica, sulle parti sottoposte a grave usura..